Timidezza o fobia sociale?

Spesso si fa confusione tra timidezza e fobia sociale e ci si chiede quando questa emozione universalmente riconosciuta diventi “patologica” e disturbante nella vita di una persona. Va subito precisato che mentre la timidezza rientra nella normalità di un tratto caratteriale, la fobia sociale rappresenta un vero e proprio disturbo clinico.

La timidezza può far sperimentare un lieve o moderato imbarazzo nel momento in cui nelle situazioni relazionali ci si deve interfacciare con qualcun altro. È una semplice introversione e ritrosia come tratto di personalità come lo è ad esempio avere gli occhi azzurri o marroni. Inoltre la timidezza non rappresenta mai un ostacolo nello svolgimento della vita della persona. In alcune culture questo tratto di personalità sensibile non trova sostegno ed anzi viene quasi “combattuto”: ad esempio nei paesi Anglosassoni la timidezza viene vista quasi come un vero problema tanto da lavorare per “produrre” bambini competitivi, molto estroversi e sicuri di sé, dando per implicito che l’essere introverso possa essere un grosso limite della persona.

La fobia sociale è invece connotata da una forte e incontrollabile ansia, che spesso finisce per prendere il sopravvento, portando la persona a modificare la propria vita, rinunciando magari al piacere di relazioni con gli altri. Chi soffre di fobia sociale è oppresso dall’ansia anticipatorio dell’evento che teme.

La timidezza e la fobia sociale possono essere considerate come diverse gradazioni della stessa condizione, differenziandosi sul piano della gravità delle sue manifestazioni cliniche ed ovviamente dell’interferenza sul funzionamento sociale. I pensieri che accompagnano l’ansia provata dal fobico sociale riguardano in genere il terrore di apparire ridicoli, inadeguati, incapaci, fragili ed insignificanti; questo terrore, che può assumere le caratteristiche di un attacco di panico, non fa altro che esasperare l’ansia al punto da manifestare alcuni suoi segni tipici quali sudorazione, tremore o rossore. A sua volta questi segni “confermano” in qualche modo al fobico sociale l’idea di apparire incapace e ridicolo. Tutto questo enorme stato di sofferenza provoca condotte di evitamento di situazioni o persone “temute” e laddove non sia possibile evitare tali situazioni emerge in genere un intenso stato di ansia. Come diretta conseguenza l’evitamento diventa un fattore di mantenimento del problema, limitando a lungo termine la qualità della vita delle persone e talvolta ledendo anche il funzionamento lavorativo.

Si può pertanto facilmente intuire il perché ad un primo impatto la timidezza e la fobia sociale possano presentare dimensioni di funzionamento simili, ma la loro grande diversità è di certo rappresentata dalla differenza nell’intensità e nelle quantità dei disturbi provati e nel modo di relazionarsi ad essi. Ad esempio in certe situazioni sociali ciò che per un timido può essere solo un fastidio o un’apprensione, per il fobico sociale può diventare un vero senso di panico. Da notare inoltre che mentre il fobico tenderà ad evitare tali situazioni, il timido in genere, si dimostra capace di affrontarle al meglio anche se alcune volte in maniera non del tutto soddisfacente.